Ricorso ex art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici e'  legalmente  domiciliato
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, 
    Contro la Regione Piemonte, in persona del suo Presidente  p.t  ,
per la declaratoria dell'illegittimita'  costituzionale  della  legge
della Regione Piemonte n. 16 del 9 aprile 2019 recante:  «Istituzione
del fattore famiglia», relativamente agli articoli 3, comma 1 lettera
a) e 4, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 30 maggio
2019 
 
                                Fatto 
 
    In data 11  aprile  2019,  e'  stata  pubblicata  nel  Bollettino
Ufficiale della Regione Piemonte n. 15/2019 la legge regionale n.  16
del 9 aprile 2019 recante: «Istituzione  del  fattore  famiglia».  La
normativa dettata dagli articoli 3, comma 1  lettera  a)  e  4  della
suddetta legge collide con svariati precetti costituzionali,  per  le
seguenti ragioni in 
 
                               Diritto 
 
1. Violazione dell'art. 117 comma 2 lettera m) e comma 3 Cost.; 
    1.1. La legge regionale in epigrafe indicata istituisce, all'art.
1, il fattore famiglia, «quale specifico strumento integrativo per la
determinazione dell'accesso alle prestazioni erogate dalla Regione  e
dai soggetti aventi  titolo  negli  ambiti  di  applicazione  di  cui
all'art. 3». Piu' precisamente, il Fattore Famiglia e'  definito,  al
successivo art. 2, come un «... indicatore sintetico della situazione
reddituale  e  patrimoniale  che  integra  ogni   altro   indicatore,
coefficiente  o  quoziente,  comunque  denominato,  negli  ambiti  di
applicazione di cui all'art. 3». 
    L'art. 3, comma 1, lettera a), a sua volta prevede:  «Il  Fattore
famiglia trova applicazione, tenendo conto delle diverse modalita' di
erogazione delle prestazioni, nei seguenti ambiti: 
      a)   prestazioni   sociali    e    sanitarie,    comprese    le
compartecipazioni alla spesa...; ...». 
    Tale ultima  norma,  nella  misura  in  cui  -  con  formulazione
generica e non chiara, include tra gli  ambiti  di  applicazione  del
Fattore Famiglia le «prestazioni sociali  e  sanitarie,  comprese  le
compartecipazioni alla spesa» - si pone in contrasto con  i  precetti
costituzionali di cui in rubrica. 
    Innanzi tutto, essa confligge con l'art. 117, comma 2, lettera m)
Cost. per  violazione  dei  livelli  essenziali  di  assistenza,  non
consentendo  di  evincere  in  quale  maniera  la   Regione   intenda
utilizzare l'indicatore Fattore famiglia ai fini della determinazione
dell'accesso e  delle  compartecipazioni  alla  spesa  relativa  alle
prestazioni di carattere sanitario, e ponendosi pertanto in contrasto
con la normativa statale di riferimento  che  -  nello  stabilire  la
compartecipazione per l'assistenza specialistica ambulatoriale -  non
prevede la possibilita' di  rimodulazione  in  base  alla  situazione
economica dell'assistito. 
    La norma realizza inoltre, sempre attraverso la previsione di cui
all'art.  3  comma 1  lettera  a),   la   violazione   dei   principi
fondamentali dettati dallo Stato in materia  di  coordinamento  della
finanza pubblica, in violazione dell'art. 117, comma 3, Cost.. 
    1.2. Premesso  che  l'accesso  alle  prestazioni  sanitarie  deve
essere garantito a tutti gli assistiti, l'art.  8,  comma  15,  della
legge n. 537/1993 prevede che, per le  prestazioni  di  specialistica
ambulatoriale,  l'importo   dovuto   dall'assistito   a   titolo   di
compartecipazione al costo e' determinato a livello nazionale, ed  e'
pari alla tariffa della prestazione, fino al tetto massimo di € 36,15
per ricetta. 
    Inoltre,  l'art.  17,  comma  6,  del  decreto-legge  n.  98/2011
(convertito in legge n. 111/2011), specifica, all'ultimo periodo, che
«A  decorrere  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione del presente decreto si applicano le disposizioni di  cui
all'articolo comma 796, lettere p) e p-bis), della legge 27  dicembre
2006, n. 296»; la norma, cosi' statuendo, ha ribadito quanto previsto
dalle disposizioni richiamate, che a loro volta prevedono, per i  non
esenti, il pagamento di un'ulteriore quota fissa sulla ricetta,  pari
a € 10 (c.d. super ticket, introdotto dalla richiamata lettera p) del
comma 796 dell'art. 1, della legge n.  296/2006),  consentendo  pero'
alle Regioni di adottare misure alternative che assicurino lo  stesso
gettito (come previsto dalla lettera p-bis, del comma  796  dell'art.
1, della legge n. 296/2006). 
    Ed infatti, il principio  generale  ricavabile  dalla  richiamata
normativa e' che le Regioni, seppure possono  individuare  misure  di
partecipazione al costo  delle  prestazioni  alternative  alla  quota
fissa per ricetta (introdotta, come detto, dalla legge n. 296/2006  -
legge finanziaria del  2007,  e  reintrodotta  dal  decreto-legge  n.
98/2011, convertito in legge n.  111/2011),  debbono  pero'  comunque
garantire il medesimo gettito quantificato a livello nazionale. 
    La norma regionale che con il  presente  atto  si  impugna  -  in
quanto non chiarisce come si intenda utilizzare l'indicatore  fattore
famiglia  ai  fini  della   determinazione   dell'accesso   e   delle
compartecipazioni alla spesa relativa alle prestazioni  di  carattere
sanitario -  si  pone  in  contrasto  con  la   normativa   nazionale
richiamata,   che,    come    sopra    ricordato,    stabilisce    la
compartecipazione per l'assistenza specialistica ambulatoriale e  non
prevede la possibilita' di  rimodulazione  in  base  alla  situazione
economica dell'assistito. 
    La generica formulazione della  norma  non  consente  neppure  di
intenderla  nel  senso  che  l'utilizzo  del  fattore  famiglia   sia
destinato ad operare limitatamente all'ulteriore quota fissa di €  10
sulla ricetta ed alle eventuali quote di compartecipazione introdotte
a livello regionale, che possono essere eventualmente rimodulate alle
condizioni  sopra  descritte,  a  seconda  della  diversa  situazione
reddituale dell'assistito. 
    Al  contrario,  la  norma  regionale  in  esame   non   definisce
adeguatamente gli ambiti di utilizzo dell'indicatore Fattore famiglia
per determinare l'accesso e le compartecipazioni alla spesa  relativa
alle  prestazioni  di   carattere   sanitario,   dal   che   consegue
inevitabilmente che l'applicazione dell'indicatore in questione  puo'
incidere sul diritto all'esenzione garantito a livello nazionale  per
alcune categorie di assistiti, e che  potrebbe  costituire,  piu'  in
generale,  un  ostacolo  all'accesso  alle  prestazioni  sanitarie  e
sociosanitarie incluse nei livelli essenziali di assistenza;  di  qui
la dedotta violazione dell'art. 117, comma 2, lettera m), nonche' dei
principi fondamentali dettati dallo Stato in materia di coordinamento
della finanza pubblica, che la legislazione  regionale  e'  tenuta  a
rispettare, ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    Giova,  al  riguardo,  richiamare   la   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 187 del 2012 (in particolare, al «considerando»  in
diritto 3.3.2.), «la disciplina in materia di ticket, determinando il
costo  per  gli  assistiti  dei  relativi   servizi   sanitari,   non
costituisce solo un principio di coordinamento della finanza pubblica
diretto al contenimento della spesa sanitaria, ma incide anche  sulla
quantita' e sulla qualita' delle prestazioni  garantite,  e,  quindi,
sui livelli essenziali di assistenza». 
    La misura della compartecipazione deve essere omogenea  su  tutto
il  territorio  nazionale,  «giacche'  non  sarebbe  ammissibile  che
l'offerta concreta di una prestazione sanitaria rientrante nei L.E.A.
si presenti in modo diverso  nelle  varie  Regioni,  considerato  che
dell'offerta concreta fanno parte non solo la  qualita'  e  quantita'
delle prestazioni che devono essere  assicurate  sul  territorio,  ma
anche le soglie  di  accesso,  dal  punto  di  vista  economico,  dei
cittadini alla loro fruizione» (sentenza n. 203 del 2008). 
    Cio' vale anche rispetto alle Regioni  a  statuto  speciale,  che
sostengono  il  costo  dell'assistenza   sanitaria   nei   rispettivi
territori, in quanto  «la  natura  stessa  dei  cosiddetti  LEA,  che
riflettono tutele necessariamente uniformi  del  bene  della  salute,
impone di riferirne la disciplina  normativa  anche  ai  soggetti  ad
autonomia speciale» (sentenza n. 134 del 2006). 
    1.2. Anche l'art. 4  della  legge  regionale  in  epigrafe  viola
l'art. 117 comma 2 lettera  M)  Cost..  Esso  prevede,  testualmente,
quanto segue: «1. I criteri e  le  modalita'  attuative  del  Fattore
famiglia sono determinati con  apposito  provvedimento  della  giunta
regionale, previo parere dell'Osservatorio di cui all'art. 5 e  delle
commissioni consiliari competenti e sono aggiornati ogni tre anni con
le medesime modalita'. 
    2. Nella determinazione dei criteri e delle  modalita'  attuative
di cui al comma 1, la giunta regionale tenuto conto  della  rilevanza
del numero dei componenti del nucleo familiare, compresi i minori  in
affido, provvede: 
      a) alla definizione di specifiche agevolazioni  integrative  di
quelle previste dalla normativa statale che tengano conto, a  parita'
di altri fattori: 
        1)  della  presenza  nel  nucleo  familiare  di  persone  con
disabilita' e di non autosufficienti, cosi' come individuate ai sensi
dell'allegato 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
n. 159/2013; 
        2) della composizione del  nucleo  familiare,  dell'eta'  del
figli e dello stato di famiglia monogenitoriale, nonche', nel caso di
genitori separati, del  contributo  per  il  mantenimento  dei  figli
stabilito a seguito di provvedimento dall'autorita' giudiziaria; 
      b) all'introduzione di elementi di priorita'  per  le  famiglie
che  hanno  in  essere  un  mutuo  per   l'acquisto   dell'abitazione
principale, per la presenza di persone anziane,  non  autosufficienti
ovvero diversamente abili, nonche' per le madri in accertato stato di
gravidanza, in coerenza con gli  ambiti  e  i  servizi  ai  quali  il
Fattore famiglia viene applicato. 
    3. Possono accedere ai benefici previsti dalla presente  legge  i
componenti dei nuclei familiari che abbiano  adempiuto  al  pagamento
delle imposte regionali.» 
    I criteri e le modalita' attuative del Fattore famiglia stabiliti
dall'art. 4 qui censurato si sovrappongono a  quelli  previsti  dalla
normativa statale ai fini della determinazione dell'indicatore  della
situazione  economica,  incidendo  in  tal  modo,  anche  sotto  tale
aspetto, sulla definizione dei livelli essenziali  delle  prestazioni
assistenziali,  riservata  alla  legislazione   statale,   ai   sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. 
    Piu' precisamente, ai sensi dell'art. 2 del d.P.C.M  n.  159  del
2013  (Regolamento  concernente  la  revisione  delle  modalita'   di
determinazione  e  i  campi  di  applicazione  dell'Indicatore  della
situazione  economica  equivalente  (ISEE),  adottato  in  attuazione
dell'art.  5  del  decreto-legge  6   dicembre   2011,   n.   2,   la
determinazione e l'applicazione dell'indicatore ai fini  dell'accesso
alle prestazioni sociali  agevolate  costituisce  livello  essenziale
delle prestazioni oggetto di  riserva  di  legislazione  statale,  ai
sensi dell'art. 117 comma 2, lettera m), della Costituzione. 
    La normativa ISEE prevede altresi', all'art. 2 comma 1 cit.,  che
gli enti erogatori  possano  prevedere,  «accanto  all'ISEE,  criteri
ulteriori di selezione volti ad  identificare  specifiche  platee  di
beneficiari, tenuto conto delle disposizioni regionali in  materia  e
delle attribuzioni regionali in tema di servizi sociali» e  che  tali
ulteriori criteri possano essere fissati «in relazione a tipologie di
prestazioni che per la loro natura lo rendano necessario  e  ove  non
diversamente  disciplinato  in  sede  di  definizione   dei   livelli
essenziali relativi alle medesime tipologie di prestazioni».  Infine,
e' comunque «fatta salva la valutazione  della  condizione  economica
complessiva attraverso l'ISEE». 
    Cio' premesso, da un confronto fra l'art. 4  L.R.  16/2019  e  il
menzionato d.P.C.M., emerge che  i  criteri  di  selezione  stabiliti
dall'art.  4  per  l'accesso  alle  prestazioni   sociali   agevolate
individuate  dall'art.  3  si  sovrappongono  esattamente  a   quelli
previsti nel menzionato d.PCM, che gia' tiene conto,  ai  fini  della
determinazione  dell'indicatore  della  situazione   economica,   dei
fattori indicati dall'art. 4 della legge regionale in esame. 
    La norma regionale, pertanto, non prevedendo criteri ulteriori di
selezione (rispetto a  quelli  individuati  a  livello  statale)  che
identifichino  specifiche  platee  di  beneficiari,  destinatari   di
prestazioni che per la loro natura lo rendano necessario  e  che  non
siano state diversamente disciplinate  in  sede  di  definizione  dei
livelli essenziali, invade la  materia  riservata  alla  legislazione
statale dall'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. 
    Per tutte le suesposte ragioni gli articoli 3, comma 1 lettera a)
e  4  della  L.R.  Piemonte  n.  16/2019  devono  essere   dichiarati
incostituzionali.